Le cospicue restrizioni proposte dalla manovra di bilancio per il 2003 sembrano dirette dall’intento di impedire, per il prossimo esercizio finanziario, i disavanzi riscontrati lo scorso giugno in sede di consuntivo. Allora, si era rilevato come lo sfondamento per la spesa dell’istruzione rispetto al bilancio di previsione – pari a circa 6,1 miliardi di euro– fosse imputabile soprattutto alle spese per il personale.
Per ovviare a tale situazione, il Governo ha quindi impresso alla manovra di bilancio nel settore scolastico una netta inversione di rotta rispetto al passato. L’art.22 del disegno di legge finanziaria 2003 dispone infatti misure di razionalizzazione in materia di organizzazione scolastica, volte a conseguire una riduzione del personale docente, nel triennio 2003-2005, complessivamente pari a 33.847 unità. Tale razionalizzazione è frutto di una serie di disposizioni convergenti, che determinano la riconduzione a 18 ore settimanali di tutte le cattedre con orario inferiore a quello obbligatorio, la revisione della disciplina concernente il collocamente fuori ruolo del personale docente dichiarato inidoneo ai compiti di istituto, la riduzione dei posti dei docenti di sostegno da attivare in deroga agli organici stabiliti all’interno del tetto massimo definito con decreto interministeriale.
Sempre l’art.22 del disegno di legge finanziaria dispone poi la riduzione del personale ausiliario, tecnico ed amministrativo (ATA) di circa 5.700 unità nell’anno 2003, 8.900 unità nell’anno 2004 e 12.100 unità a decorrere dal 2005. Unica norma di favore quella del comma 7 dell’art.22, che prevede che una quota parte delle suddette economie siano destinate, a decorrere dall’anno 2004, all’incremento delle risorse per il trattamento accessorio del personale ATA.
Ai pesanti vincoli imposti dall’art.22 si aggiunge poi il divieto di nuove assunzioni a tempo indeterminato sancito dall’art.21, comma 4 del disegno di legge finanziaria a carico di tutte le Amministrazioni pubbliche. La disposizione in questione solleva alcune perplessità in quanto, nonostante i parziali limiti di autonomia concessi dal comma 5 del medesimo art.21, sembra riguardare anche le Università: a quest’ultime (insieme ad altre categorie specifiche di amministrazioni pubbliche) viene infatti riconosciuta, in deroga al divieto generale di assunzioni, la possibilità di procedere ad un limitato arruolamento attingendo da un fondo comune istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel limite massimo di 100 milioni di euro per il 2003.
Ci si domanda, pertanto, se sarà possibile realizzare la riforma universitaria in itinere, data la contraddizione tra il blocco delle assunzioni e il progressivo invecchiamento della docenza. Ma, soprattutto, ci si domanda se i nuovi limiti siano effettivamente compatibili con l’autonomia universitaria o se non rappresentino piuttosto una pesante ingerenza del centro sulla libertà di determinazione degli istituti scolastici in merito alla gestione della docenza.
I tagli della manovra di bilancio nel settore scolastico
10.11.2002