Sul trasferimento d’ufficio dei magistrati

04.11.2002

Corte costituzionale, 4 novembre 2002, n.457

E’ legittima la previsione del r.d.lgs. in materia di guarentigie della magistratura nella parte in cui esclude che il magistrato sottoposto a procedimento di trasferimento d’ufficio possa farsi assistere da un avvocato.

Giudizio di legittimità costituzionale dell’art.2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511 (Guarentigie della magistratura), promosso con ordinanza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.2 del regio decreto legislativo n.511 del 1946, nella parte in cui esclude che il magistrato sottoposto a procedimento di trasferimento d’ufficio possa farsi assistere da un avvocato. Secondo il ricorrente, la norma impugnata contrasterebbe sia con il principio di indipendenza della magistratura enunciato nell’art.104, comma 1, Cost., sia con la previsione dell’art.107, comma 1, Cost., secondo la quale i magistrati non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
Si è costituito in giudizio il magistrato sottoposto a trasferimento d’ufficio ai sensi dell’art.2 del r.d.lgs. n.511 del 1946, chiedendo l’accoglimento della questione. Egli sostiene che le ragioni che hanno indotto la Corte costituzionale a dichiarare, con la sentenza n.497 del 2000, l’illegittimità costituzionale dell’art.34, comma 2, del r.d.lgs. 31 maggio 1946, n.511, nella parte in cui escludeva che il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare potesse farsi assistere da un avvocato, ricorrerebbero anche nel procedimento di trasferimento d’ufficio, per incompatibilità ambientale, di cui all’art.2 del citato r.d.lgs. Infatti, benché privo di carattere sanzionatorio, il trasferimento d’ufficio sarebbe comunque un provvedimento suscettibile di incidere sullo status del magistrato.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata, ponendo al centro del suo argomentare la diversa natura del procedimento disciplinare rispetto a quello di trasferimento d’ufficio: quest’ultimo ha natura amministrativa e potrebbe essere avviato anche in relazione a fatti dei quali il magistrato non sia in alcun modo responsabile e che tuttavia determinino una situazione di incompatibilità ambientale.
La Corte costituzionale dichiara l’infondatezza della questione sollevata, negando l’estensione dei principi affermati dalla Corte stessa nella sentenza n.497 del 2000. Il cuore della argomentazione di tale sentenza stava infatti nello stretto legame tra il diritto di difesa e la configurazione del procedimento disciplinare secondo paradigmi di carattere giurisdizionale, preordinati al soddisfacimento della duplice esigenza, da un lato, che il corretto svolgimento delle funzioni giudiziarie sia tutelato nella forma più confacente alla posizione costituzionale della magistratura e al suo statuto di indipendenza e, dall’altro, che al magistrato, incolpato di aver commesso un illecito, sia riconosciuto quell’insieme di garanzie che solo la giurisdizione può assicurare. Al contrario, non può dirsi che abbia carattere giurisdizionale il procedimento di trasferimento di ufficio, nel quale non è un illecito compiuto dal magistrato che viene immediatamente in rilievo, ma una situazione obiettiva che si determina nell’ufficio dove egli esercita le sue funzioni.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.2 del r.d.lgs. n.511 del 1946, nella parte in cui esclude che il magistrato sottoposto al procedimento di trasferimento d’ufficio possa farsi assistere da un avvocato.

Giurisprudenza richiamata:
– sulla sottoposizione di magistrato a procedimento disciplinare: sentenza n.497 del 2000

a cura di Chiara Aquili