La Commissione adotta un regime di responsabilità civile per il settore ambientale

02.11.2002

Sulla Gazzetta della Comunità Europea L209 del 6 agosto 2002, sono state pubblicate le Direttive 26 luglio 2002 n.69 e n.70 rispettivamente inerenti (i) i metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale di diossine e la determinazione di PCB e simili nei prodotti alimentari, e (ii) i requisiti per la determinazione dei livelli di diossine e PCB e simili nei mangimi

Con decisione del 23 gennaio 2002 ha Commissione Europea ha adottato una proposta di direttiva sulla responsabilità civile in materia ambientale per prevenire e riparare il danno ambientale. La direttiva coprirà l?inquinamento dell?acqua, il danno alla biodiversità e la contaminazione del terreno che causano gravi danni alla salute umana. Gli operatori di attività effettivamente o potenzialmente rischiose atte a provocare un danno ambientale saranno tenuti a riparare direttamente o indirettamente il danno che hanno provocato. Tutti gli operatori che causano un danno alla biodiversità, per colpa o negligenza, avranno anche l?obbligo di riparare il danno. La commissaria per l?Ambiente, Margot Wallstrom, ha dichiarato: ?l?idea che chi inquina debba pagare è una pietra miliare della politica UE. Con la proposta odierna la Commissione invia un messaggio chiaro: è venuto il momento di tradurre in pratica il principio ampiamente condiviso ?chi inquina paga?. Gli Stati membri devono poter trattare il danno ambientale e attenersi a disposizioni comuni concernenti i soggetti responsabili, i danni coperti e chi deve sostenere i costi. Le disposizioni proposte oggi dalla Commissione costituiranno un forte incentivo ad evitare che si producano tali danni?.

Antecedenti

La decisione della Commissione di adottare la proposta riflette il suo impegno a lottare contro le attuali tendenze insostenibili: continuo degrado della biodiversità in tutta Europa e continuo inquinamento dell’acqua e del suolo. La proposta stabilisce un quadro basato sulla responsabilità civile in materia ambientale per garantire la prevenzione o la riparazione di futuri danni ambientali. La proposta non ha effetto retroattivo. Il danno ambientale comprende il danno alla biodiversità protetta a livello nazionale e comunitario, alle acque disciplinate dalla direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE(1)) e la contaminazione del terreno che provoca gravi danni alla salute umana.  Le autorità pubbliche avranno un ruolo importante nel regime di responsabilità proposto. Esse dovranno garantire che gli operatori responsabili effettuino direttamente oppure finanzino le necessarie misure di riparazione in caso di danno ambientale. I gruppi di interesse pubblico come le organizzazioni non governative, saranno autorizzati nell’ambito del regime a chiedere alle autorità pubbliche di intervenire, ove necessario, e di impugnare dinanzi ai tribunali le decisioni che ritengano illegali.

Prevenzione

Sul fronte della prevenzione, la proposta prevede che nei casi in cui gli operatori hanno provocato una situazione atta a portare ad un danno ambientale, si debbano prendere misure preventive per evitare che la situazione si trasformi in danno. Ad esempio, in caso di perturbazione in un processo industriale che potrebbe dar luogo ad un’esplosione a causa dell’eccessiva pressione in alcune tubazioni, si devono prendere misure per controllare la pressione ed evitare un’eventuale esplosione.

Riparazione

Quando il danno ambientale si verifica, gli Stati membri devono provvedere alla necessaria riparazione. Ciò comporta: valutare la gravità e la portata del danno e determinare le misure di riparazione più adatte da prendere, in cooperazione per quanto possibile con l’operatore responsabile del danno ai sensi della proposta (l’operatore dell’attività che ha causato il danno). L’autorità competente può imporre all’operatore di prendere le necessarie misure di prevenzione o riparazione che in questo caso saranno finanziate direttamente dall’operatore. In alternativa, l’autorità competente può attuare queste misure direttamente oppure farle attuare da terzi. È anche possibile una combinazione dei due approcci. Nel caso in cui la riparazione sia stata effettuata dall’autorità competente o da terzi per suo conto e uno o più operatori siano responsabili del danno ai sensi della proposta, l’autorità competente deve, in conformità del principio ‘chi inquina paga’, recuperare le spese della riparazione presso gli operatori responsabili. La stessa regola si applica in relazione a misure preventive.

Campo di applicazione della direttiva

Gli operatori potenzialmente responsabili ai sensi della direttiva dei costi di prevenzione o riparazione del danno ambientale sono gli operatori che svolgono attività rischiose o potenzialmente rischiose (cfr. allegato I), ad es. le attività che rilasciano metalli pesanti nell’acqua o nell’aria, impianti che producono sostanze chimiche pericolose, siti di discarica e impianti di incenerimento. Ai sensi della direttiva anche gli operatori di attività non figuranti nell’allegato I possono essere considerati responsabili dei costi di prevenzione o riparazione del danno alla biodiversità, ma soltanto se è stata appurata la loro negligenza. Questa protezione estesa è dovuta al fatto che il danno alla biodiversità come tale raramente è coperto da normative nazionali oppure, se è coperto, non si hanno garanzie che esso sia effettivamente riparato. Da ultimo la proposta contiene disposizioni concernenti il danno transfrontaliero, la garanzia finanziaria, i rapporti con gli ordinamenti nazionali, la revisione del regime.

Richiesta di azione

I soggetti legittimati (gruppi di interesse pubblico, tra cui ONG) nonché le persone che hanno un sufficiente interesse, ossia coloro che hanno sofferto un danno possono chiedere all’autorità competente di intervenire e possono anche agire in sede giudiziaria per contestare l’azione o l’inerzia delle autorità competenti. Ciò consente ai cittadini di controllare e influenzare il ruolo svolto dalle autorità competenti nella veste di garanti dei beni ambientali.

Esenzioni

La proposta prevede alcune deroghe giustificate dalla necessità di garantire la certezza del diritto e di tutelare l’innovazione. Ad esempio, le emissioni che sono state autorizzate non comporteranno la responsabilità dell’operatore. Le attività e le emissioni considerate sicure per l’ambiente, secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui avvengono, non sono coperte dalla proposta. In taluni casi tuttavia, gli operatori negligenti non potranno invocare le deroghe. L’insolvenza degli operatori è un fattore che può ostacolare il recupero dei costi ai sensi del principio ‘chi inquina paga’ da parte delle autorità competenti; questo inconveniente può però essere limitato grazie ad adeguate coperture finanziarie del danno potenziale. La proposta prevede che gli Stati membri sono liberi di apprestare le garanzie finanziarie che ritengano opportune.

Tappe successive

La proposta sarà presentata alla riunione del Consiglio Ambiente del marzo 4. 2002, dando avvio alla procedura legislativa alla fine della quale il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri adotteranno congiuntamente la nuova direttiva. Questa procedura, detta di codecisione, dura in genere due – tre anni. Una volta adottata la direttiva, gli Stati membri avranno due anni per recepirla nel loro ordinamento interno.

a cura di Emanuela Gallo