Tar Lazio – Sez. I- bis, 09.08.2002, n. 7088
“In virtù del regime più elastico ed aperto alla partecipazione di un più alto numero di imprese introdotto dal Dpr 554/99 rispetto al previdente sistema ANC e, in generale, rispetto al tenore delle disposizioni di cui al Dpr 34/2000, è consentito alle imprese in possesso unicamente della qualificazione nella categoria prevalente di eseguire direttamente anche le ulteriori lavorazioni con riferimento alle quali, invece, difettano le relative qualificazioni.”
Sulla base dello spunto offerto dal giudice amministrativo, si torna nuovamente a parlare dei requisiti di qualificazione delle imprese partecipanti a gare di appalto per l’esecuzione di lavori pubblici.
Trattasi di un argomento di grande attualità, cui conferiscono ulteriore enfasi sia i recenti interventi normativi (si pensi alla Legge n.166/2002) sia i frequenti suggerimenti provenienti dall’Autorità di Vigilanza sui LLPP, sempre più spesso smentita dalle pronunce dei giudici amministrativi.
La sentenza in rassegna, infatti, si inserisce nell’acceso dibattito introdotto dalla Determinazione n.25/01 “Profili interpretativi in materia di bandi di gara e di esecuzione dei lavori” con cui l’Authority, ha affermato che il divieto di subappalto ( al ricorrere delle condizioni di cui all’art.13 comma 7 della Legge 109/94) vale anche per tutte le categorie di opere generali indicate nel bando di gara come categorie scorporabili.
Prima di passare ad analizzare in che modo la sentenza n. n.200207088 del TAR Lazio abbia modificato l’indirizzo espresso, un breve excursus dei precedenti normativi e giurisprudenziali sul tema, servirà a meglio comprendere l’importanza della decisione in commento.
In primo luogo va rammentato che l’art. 13, comma 7, L.109/94, nel testo previgente a quello introdotto dalla L.166/02[1], prevedeva che “qualora nell’oggetto dell’appalto o della concessione rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti ed opere speciali, e qualora ciascuna di tali opere superi altresì in valore il 15% dell’importo totale dei lavori, esse non possono essere affidate in subappalto e sono eseguite esclusivamente dai soggetti affidatari. In tali casi, i soggetti che non siano in grado di realizzare le predette componenti sono tenuti a costituire, ai sensi del presente articolo, associazioni temporanee di tipo verticale, disciplinate dal regolamento che definisce altresì l’elenco delle opere di cui al presente comma”.
A tale specificazione ha provveduto il D.P.R. 554/99, il cui art. 72 comma 4 contiene un elenco delle opere rientranti nell’ambito di applicazione del suindicato divieto di subappalto (si tratta delle opere speciali o “super-speciali” dette anche SIOS, per distinguerle da quelle genericamente specializzate di cui all’allegato A del D.P.R 34/2000).
Peraltro, prima dell’entrata in vigore del succitato regolamento, già il D.P.R. 34/2000 sul nuovo sistema di qualificazione delle imprese aveva provveduto ad individuare le categorie generali e specializzate, specificando quali fossero quelle a qualificazione obbligatoria.
Tuttavia, la mancanza di coincidenza tra le due disposizioni ha dato luogo a notevoli dubbi interpretativi e, conseguentemente ad un accesissimo dibattito.
I dubbi sono sorti dalla constatazione che le categorie di opere super specializzate di cui all’art.72 comma 4 del D.P.R. 554/99 ( rientranti nell’ambito di applicabilità del divieto di cui all’art. 13 comma 7, L.109/94) non collimano con l’elenco delle opere genericamente “specializzate”, per le quali il D.P.R. 34/2000 richiede la qualificazione obbligatoria.
Inoltre, l’art. 74 comma 2 del D.p.r 554/99, relativo ai criteri di affidamento delle opere generali e delle opere specializzate non eseguite direttamente, ha previsto che “le lavorazioni relative a opere generali, e a strutture, impianti ed opere speciali di cui all’art. 72 comma 4, indicate nel bando di gara, non possono essere eseguite direttamente dalle imprese qualificate per la sola categoria prevalente, se prive delle adeguate qualificazioni; esse, fatto salvo quanto previsto dall’art. 13 comma 7 della Legge, sono subappaltabili ad imprese in possesso delle relative qualificazioni. Le medesime lavorazioni sono scorporabili e sono indicate nei bandi di gara ai fini della costituzione di associazioni temporanee di impresa di tipo verticale”.
I primi interventi giurisprudenziali sul tema hanno ampliato le perplessità esistenti. Si rammenti per tutte la nota sentenza del T.A.R. Calabria, n.209 del 21.02.2001, che ha ritenuto come il contrasto tra le due disposizioni andasse risolto a favore del D.P.R. 554/99, sia in virtù della sua entrata in vigore successivamente al Dpr 34/2000, sia perché i suoi precetti si inseriscono in un quadro normativo volto a favorire la massima partecipazione delle imprese alle gare di appalto.
Sulla base di questa presunta prevalenza, il TAR Calabria ha affermato che le lavorazioni inerenti alle categorie indicate nel bando come “non prevalenti” possono essere eseguite dalle imprese che non siano in possesso delle relative qualificazioni se tali categorie non sono ricomprese tra quelle elencate nell’art.72, co.4 del D.P.R. 554/99, a prescindere dal fatto che esse rientrino, invece, tra quelle per le quali il D.P.R. 34/2000 prescrive l’esecuzione da parte delle sole imprese in possesso delle relative qualificazioni (o meglio la qualificazione obbligatoria).
In questo contesto si è inserita la menzionata Determinazione n.25/01 nella quale l’Autorità di Vigilanza sui LL PP ha interpretato il divieto di subappalto, al ricorrere delle circostanze di cui all’art.13 comma 7 L.109/94, trova applicazione, oltre che nei confronti delle opere “super-speciali” di cui all’art. 72 comma 4 del D.P.R. 554/99, anche con riferimento alle opere generali che siano indicate nel bando come scorporabili.
A questa conclusione, l’Autorità perviene sulla base della constatazione che anche con riferimento alle categorie generali, il DPR 34/2000 prescrive la qualificazione obbligatoria con conseguente possibilità di esecuzione solo da parte di un soggetto in possesso per esse prescritta dal regolamento del 2000.
Inoltre l’Autorità, avendo riscontrato anch’essa la discrasia tra l’elenco di cui all’art. 72 comma 4 e quello contenuto nel D.P.R. 34/2000 ha provveduto, raffrontando le due disposizioni, ad indicare le opere di cui all’art. 72 comma 4 D.P.R. 554/99, rientranti nel divieto di subappalto..
Queste ultime sono quelle che il DPR 34/2000 contrassegna con i seguenti acronimi: OS2, OS3, OS4, OS5, OS11, OS13, OS14, OS16, OS17, OS18, OS19, OS20, OS21,OS22, OS27, OS28, OS29, OS30, OS33, OG12.
Nonostante le numerose critiche rivolte alla interpretazione suggerita dall’Autorità siano state molteplici, l’effetto è stato quello che molte stazioni appaltanti, in ottemperanza ai criteri di cui alla Determinazione n.25/01, hanno predisposto bandi di gara contenenti l’espresso divieto di subappalto delle categorie generali ulteriori rispetto a quella prevalente e adottato provvedimenti di esclusione nei confronti di imprese non in possesso di adeguata qualificazione nelle suddette categoria generale scorporabili.
La sentenza del Tar Lazio n.200207088 del 09.08.2002, si inserisce in questo contesto, introducendo una nuova lettura dell’esposto complesso di norme, alla luce della quale si è escluso che il divieto di subappalto di cui all’art. 13 comma 7 della L.104/1994 si applichi alle categorie generali diverse dalla prevalente.
In particolare, il giudice amministrativo ha ritenuto che un’impresa qualificata nella sola categoria prevalente generale può aggiudicarsi una gara il cui bando abbia previsto come scorporabile una altra categoria generale, a nulla rilevando che l’impresa non possegga la qualificazione richiesta per quest’ultima.
La conclusione del giudice amministrativo, se pur condivisibile, lascia qualche perplessità circa l’iter logico che ha spinto il TAR alla prospettata conclusione.
In particolare, richiamando quanto già affermato dal TAR Calabria nella citata sentenza, anche il giudice romano, fonda il suo ragionamento sulla presunta prevalenza del DPR 554/99 rispetto al DPR 34/2000, posto che solo il primo si atteggerebbe quale “unica norma ad affrontare specificamente ed esaustivamente la tematica della qualificazione, sicché le sue disposizioni in materia devono considerarsi prevalenti rispetto a quelle del Dpr 34/2000, non solo in base al criterio cronologico della successione ma anche perché costituiscono l’unica disciplina compiuta sistematicamente e coerentemente espressa dall’ordinamento sulla problematica in esame”.
Invero, alla medesima conclusione il TAR Lazio sarebbe potuto pervenire sfruttando argomenti senz’altro più convincenti:
in primo luogo, il fatto che l’art. 13 comma 7 della L.109/94, fa esclusivo riferimento alle strutture, impianti ed opere speciali, senza alcun accenno alle opere generali;
la ulteriore considerazione che l’art. 72 comma 4 del DPR 554/99 qualifica come “opere speciali” (rectius: “super speciali” o, comunemente, SIOS) quelle che, nella nomenclatura del D.P.R. 34/2000, vengono indicate come “specializzate” e, per di più, che tra le lavorazioni di cui al comma 4 del citato art. 72 solamente una (vale a dire la OG 12) rientra tra le cd. opere generali, segno evidente del fatto che il legislatore, quando ha voluto assoggettare le opere generali ad una disciplina particolare, lo ha fatto espressamente, senza che ciò possa essere desunto da un’interpretazione che non trova alcun riscontro nella lettera della legge.
Anche l’assunto secondo cui il divieto si applica quando tutte le opere indicate siano superiore al 15% dell’importo dell’appalto non trova alcuna giustificazione.
Invero, tale affermazione di fatto elude il divieto di subappalto voluto dalla legge nel caso in cui vi siano più categorie non prevalenti superiori al 15% ma solo una di essa non superi tale limite.
Nel caso di specie, sono state indicate nel bando di gara tra le lavorazioni scorporabili/subappaltabili tre categorie (OG3, OG11, OS18) rientranti (secondo l’Autorità di Vigilanza) nell’ambito di operatività del divieto dell’art. 13 co. 7 l. 109/94.
Tuttavia, una di esse (la OS18) è inferiore al 15% dell’importo complessivo dell’appalto.
Pertanto, aderendo alla summenzionata interpretazione dell’Autorità di Vigilanza (secondo la quale è necessario che tutte tali opere siano di importo superiore al 15% del valore complessivo dell’appalto), bene ha fatto la Stazione appaltante a non prevedere il divieto di subappalto per tutte queste opere (e non solo della OG11), anche se le stesse rientrano nell’ambito di operatività del divieto di cui al co. 7 dell’art. 13 l. 104/109.
Un discorso diverso andrebbe fatto qualora il bando in oggetto fosse stato pubblicato dopo l’entrata in vigore della l. 166/02, che, come detto all’inizio, ha apportato modifiche alla disciplina in esame.
Infatti, il nuovo comma 7 dell’art 13 l.109/94, come risultante dalla predetta novella, dispone che il divieto di subappalto si applichi quando “una o più” (non tutte, quindi) di tali opere sia superiore al 15%.
Con il sopravvenire di questa modifica (auspicata da molti e preannunciata dalla sentenza n. 6895 del 01.08.2001 con cui il T.A.R. Lazio ha interpretato la norma in maniera difforme da quanto poi ritenuto dall’Autorità con la determinazione 25/2001) la Stazione Appaltante (per i bando pubblicati posteriormente alla sua entrata in vigore) non avrebbe potuto indicare come subappaltabili tali opere, in quanto si sarebbero realizzate le condizioni previste dalla norma in commento (è infatti sufficiente che una sola superi il 15%) per il divieto di subappalto.
[1] La attuale formulazione dell’art. 13, comma 7 della legge 109/94, nel testo novellato dalla Legge 166 del 2002 ha sostituito alla espressione “ciascuna” riferita alle categorie di opere SIOS (strutture, impianti e opere speciali) indicate nel bando di gara, con l’espressione “qualora una o più di tali opere”.