La Corte rileva l’insussistenza d’indipendenza nei membri “laici” del Tribunale regionale delle acque pubbliche

17.07.2002

Corte Costituzionale, 17 luglio 2002, n. 353

E’ illegittima la previsione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici nella parte in cui prevede che siano aggregati al Tribunale regionale delle acque pubbliche tre funzionari dell’ex Genio civile, uno dei quali deve intervenire nel collegio giudicante

Giudizio di legittimità costituzionale dell’art.138 del regio decreto 11 dicembre 1993, n.1775 (testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), promosso con ordinanza dal Tribunale regionale delle acque pubbliche di Firenze.

Il Tribunale regionale delle acque pubbliche di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 138 del regio decreto 11 dicembre 1993, n.1775, nella parte in cui prevede che al Tribunale regionale delle acque pubbliche siano aggregati tre funzionari del Genio civile (designati dal Presidente del Consiglio Superiore dei lavori pubblici e nominati con decreto del Presidente della Repubblica) e che i Tribunali delle acque pubbliche decidano con l’intervento di tre votanti, uno dei quali deve essere funzionario del Genio civile. Secondo il ricorrente, la norma impugnata contrasterebbe sia con l’art. 108 Cost, in quanto risulterebbe compromessa l’indipendenza e la terzietà dei giudici, sia con l’art. 97, primo comma Cost, per violazione del principio di buon andamento, atteso che la norma de qua comporterebbe una diminuzione di credibilità della istituzione stessa.
Giudicando insufficienti le argomentazioni fornite dai precedenti del Tribunale superiore delle acque pubbliche e della Corte di Cassazione, per cui la questione sarebbe manifestamente infondata, dato l’apporto di competenze specialistiche offerto dai componenti laici del Tribunale e la loro libertà da vincoli gerarchici, il ricorrente sostiene che alcune caratteristiche dei componenti tecnici previsti dall’art. 138 del r.D. 1775 del 1993 sono contrarie al dettato costituzionale. In particolare, i membri laici, rimanendo nei ruoli degli Uffici statali (ora Provveditorati regionali alle opere pubbliche), conserverebbero un rapporto gerarchico con i loro superiori, da cui peraltro continuerebbero a dipendere per il mantenimento nelle loro funzioni; la scelta dei possibili candidati da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, inoltre, risulta limitata all’esiguo numero di funzionari idonei del Provveditorato. Nel complesso, conclude il ricorrente, tali membri laici sono “giudici in causa propria”, essendo chiamati a pronunciarsi su atti emanati dal proprio ufficio.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura di Stato, si pronuncia per l’infondatezza della questione sollevata, negando l’esistenza di vincoli gerarchici tra i funzionari dell’ex Genio civile e l’amministrazione di appartenenza, rifiutando l’ipotesi di un potere discrezionale dell’esecutivo in merito al reincarico dei medesimi e sostenendo che l’indipendenza dei membri laici sarebbe garantita dalla loro nomina e revoca da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
La Corte Costituzionale, vagliati i risultati degli accertamenti compiuti dal giudice relatore, dichiara che la questione è fondata sotto il profilo della violazione dell’art.108 Cost. e del principio di indipendenza e terzietà del giudice, che riguarda anche i giudici delle giurisdizioni speciali ed i componenti c.d. laici che partecipano alla amministrazione della giustizia. La possibilità che soggetti estranei alla magistratura siano chiamati a svolgere funzioni giudiziarie è infatti prevista sia dall’art.102, secondo comma Cost (in relazione alla costituzione negli organi giudiziari ordinari di sezioni specializzate per “determinate materie”), sia dall’art.108, secondo comma Cost., riferito alla VI disp. Trans. (in relazione agli organi speciali di giurisdizione) e deve essere riferita alla discrezionalità del legislatore. Nello specifico, la presenza di componenti laici all’interno del Tribunale regionale delle acque pubbliche risponde ad esigenze inerenti alla specialità della materia ed ai profili tecnici richiesti.
Nell’attuare la previsione dell’art.120, secondo comma, tuttavia, il legislatore è tenuto ad assicurare sia gli adeguati requisiti di idoneità degli “estranei”, sia le garanzie di indipendenza. Proprio queste garanzie di indipendenza verrebbero invece a mancare nella norma impugnata, dal momento che il nominato funzionario dell’ex Genio civile continua a svolgere le funzioni istituzionali dell’ufficio di appartenenza (che tra le sue attribuzioni ha anche le procedure amministrative in materia di acque pubbliche) e che il medesimo continua a subire i condizionamenti legati alla sua posizione di dipendenza dall’amministrazione di appartenenza, che ne gestisce lo stato giuridico ed economico. Per garantire che il giudice svolga una funzione indipendente ed imparziale si richiede invece l’instaurazione di una nuova speciale posizione di stato giuridico, che recida, in radice, qualsiasi possibilità di condizionamenti, tra cui i vincoli gerarchici o di sopravvivenza di rapporto, la possibilità di riconferma o reincarico, la possibilità di cessione anticipata dalle funzioni.
Per questi motivi, la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale della previsione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici nella parte in cui prevede che siano aggregati al Tribunale regionale delle acque pubbliche tre funzionari dell’ex Genio civile, uno dei quali deve intervenire nel collegio giudicante.

a cura di Elena Griglio