Il Consiglio di Stato si pronuncia sul ricorso proposto da ACEA Spa per la riforma della sentenza TAR Lazio, Sez. I, del 27 settembre 2001 n.7804 che aveva rigettato il ricorso proposto dal Consorzio Italpower (costituito dalla stessa ACEA Spa insieme alla AEM Milano Spa ed alla AEM Torino Spa) contro il DPCM 8 novembre 2000 recante modalità di alienazione delle partecipazioni azionarie dell?ENEL Spa nelle tre Genco costituite per la cessione dei 15.000 Mw della capacità produttiva prevista dall?articolo 8 del decreto legislativo n.79/99.
Il decreto impugnato aveva stabilito che l?alienazione doveva essere effettuata a favore di soggetti, singoli o agenti di concerto tra loro, rispetto ai quali l?eventuale partecipazione al capitale sociale di enti pubblici, anche economici, o di imprese pubbliche, italiani o esteri, fosse complessivamente limitata, per un periodo non inferiore ai 5 anni, nella misura massima del 30%.
Tre sono state le principali questioni affrontate dal collegio: la prima ha riguardato la legittimità della scelta operata dal Governo di estromettere dai possibili acquirenti delle Genco i soggetti nei quali la partecipazione pubblica fosse superiore al 30%; la seconda riferita alla possibilità di qualificare come impresa pubblica un?impresa quotata in borsa; la terza, investiva, invece, la legittimità del procedimento adottato dall?Amministrazione che avrebbe indicato il limite del 30% in un provvedimento posteriore (DPCM 8 novembre 2000) a quello con il quale era stato approvato il piano per la cessione degli impianti dell?ENEL (DPCM 4 agosto 1999).
In relazione alla prima questione, il Consiglio di Stato ha effettuato un?analisi della normativa comunitaria e nazionale finalizzata a verificarne il grado di condizionamento sulle scelte governative effettuate. In esito a tale ricostruzione, i giudici hanno affermato che, se pure è vero che ‘le fonti comunitarie e nazionali non hanno stabilito in modo vincolante tempi ed intensità del processo di apertura al libero mercato del settore della produzione di energia ?esse tuttavia, non hanno neppure vietato politiche di privatizzazione sostanziale’. In questa prospettiva, l?atteggiamento di neutralità spesso assunto dall?ordinamento comunitario sul problema della privatizzazione dell?impresa pubblica non può certo tradursi in un divieto per una politica di privatizzazione sostanziale, di talché deve considerarsi perfettamente legittima la scelta governativa che ha ritenuto ‘la liberalizzazione di un settore dell?economia?obiettivo?intimamente collegato a quello della privatizzazione effettiva degli operatori’.
In relazione alla seconda questione, i giudici hanno osservato che l?ammissione alla quotazione in borsa delle ex aziende speciali non reca in sé una disciplina tale da cancellare la qualità di impresa pubblica, dal momento che la relativa nozione dipende da fattori di carattere sostanziale che testimoniano dell?influenza dominante esercitata dall?ente pubblico sulla società.
Infine, in relazione alla terza questione affrontata, il Consiglio di Stato ha riconosciuto la regolarità della procedura seguita disattendendo l?avviso dell?appellante secondo cui il potere conferito dal d.lgs. 79/99 di stabilire le modalità di alienazione si sarebbe esaurito con l?emanazione del DPCM 4 agosto 1999 e che l?enunciazione dei limiti alla possibilità di partecipare alle procedure finalizzate all?acquisizione delle tre Genco sarebbe stata contenuta in un atto emanato a più di un anno dal primo DPCM ed in un tempo in cui si sarebbe già fondato, in capo agli aspiranti, il legittimo affidamento circa la possibilità di risultare aggiudicatari. Ad avviso del Collegio tale censura non merita accoglimento ove si consideri che il potere conferito al Presidente del Consiglio dei Ministri aveva ad oggetto un?operazione complessa e non poteva considerarsi esaurito con il DPCM 4 agosto 1999 dovendosene, per converso, ritenere legittimo un esercizio reiterato.
Infine, qualche ulteriore considerazione meritano le riflessioni effettuate in relazione alla eccezione ? dichiarata manifestatamene infondata ? di legittimità costituzionale dell?articolo 8 del decreto legislativo 79/99 sollevata dall?appellante per violazione, tra gli altri, degli articoli 117 e 118 della Costituzione. Al riguardo, il Consiglio di Stato ha effettuato considerazioni di particolare interesse in ordine all?’estensione‘ della competenza statale in materia di tutela della concorrenza alla luce delle modifiche del Titolo V della Costituzione. Il giudice amministrativo, infatti, dopo aver richiamato l?Ordinanza della Corte Costituzionale 18 dicembre 2001 n.461 ? a tenore della quale l?applicabilità immediata delle norme risultanti dalla riforma introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3 sembrerebbe essere stata implicitamente affermata ? ha ritenuto pertinente, sotto il profilo temporale, il richiamo agli articoli novellati poiché la fonte sospetta di illegittimità riguarda un rapporto giuridico non ancora esaurito. Sulla base di tale premessa il collegio afferma, quindi, che ‘la competenza statale a dettare norme sulla liberalizzazione del mercato elettrico è fondata sull?articolo 117, comma 2 lettera e) relativo alla tutela della concorrenza’ e che tale materia ‘coincide con un valore comune a molti settori dell?ordinamento’ la cui trasversalità non può essere sfuggita al legislatore dal momento che la tutela della concorrenza ‘non si restringe ad una legge statale generica ed una tantum?ma si spinge fino alle singole discipline di settore, per regolare quantomeno gli aspetti più importanti, relativi all?instaurazione e regolazione di un mercato nazionale aperto e concorrenziale’. Del pari, la censura di illegittimità non merita accoglimento neanche relativamente all?articolo 118 della Costituzione dal momento che l?intervento governativo in ordine alle concrete scelte di alienazione ed al rafforzamento della privatizzazione sostanziale del settore è espressione di una scelta di politica economica di rilievo tale da giustificarne l?adozione a livello centrale.