Responsabilità da atti e comportamenti della Pubblica Amministrazione nell’ordinamento italiano e nel diritto comunitario – Resoconto Convegno

22.05.2002

Responsabilità da atti e comportamenti della Pubblica Amministrazione nell’ordinamento italiano e nel diritto comunitario

Bari, 25 – 26 gennaio 2002

Università degli studi di Bari – Scuola di specializzazione in diritto ed economia delle comunità europee

a cura di Vincenzo Antonelli


Nell’introdurre il convegno il prof. Roberto Pardolesi ha sottolineato come il diritto amministrativo stia attraversando una fase di ‘reingegnerazione’, che porta spesso ad utilizzare al suo interno gli istituti del diritto privato.

Il prof. Andrea Violante ha analizzato il tema dell’ingiustizia del danno e responsabilità della pubblica amministrazione. Dopo aver ripercosso l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale della responsabilità civile della pubblica amministrazione, ha messo in evidenza la necessità di ricercare dei limiti all’indiscriminata tutela risarcitoria degli interessi legittimi. La categoria giuridica del ‘bene della vita’ costituisce un limite insufficiente in quanto gli interessi legittimi sono sempre collegati ad un bene della vita, persino gli interessi procedimentali, esclusi da alcuni dalla tutela risarcitoria. L’oratore, criticando la posizione di quella parte della dottrina che ha proposto quale rete di contenimento la necessità di provare la colpevolezza della condotta della P.A., ha sostenuto la coincidenza della nozione di illegittimità con quella di illiceità, nonché ha escluso la possibilità di configurare una presunzione di colpa della P.A. in quanto non si può ipotizzare un errore scusabile della medesima P.A.. Pertanto il limite può essere individuato nella nozione ‘elastica’ del nesso causale: spetterà all’interprete stabilire quando esso ricorra, integrando in tal modo la norma giuridica e garantendo una applicazione evolutiva della responsabilità civile. È dunque la teoria della causalità flessibile che permette di introdurre un giudizio di valore nel giudizio di merito.

Infine il relatore ha prospettato il dubbio di incostituzionalità dei commi 1 e 4 dell’art. 35 del D.lgs. 80/98: in primo luogo, l’introduzione di una ingiustificata deroga al principio di nomofilachia, sancito dall’art. 65 dell’ordinamento giudiziario, crea una situazione di disparità di trattamento in quanto manca la possibilità in tal caso di ricorrere alla Cassazione; in secondo luogo si ha una lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale se si afferma la necessità della pregiudiziale nell’ipotesi regolata dal comma 4 dell’art. 35.

Dopo il prof. Guido Ponzanelli ha illustrato la problematica della colpa della pubblica amministrazione negli atti e nei comportamenti illegittimi. La sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 500/99 ha segnato ‘il ritorno alla colpa’ nel modello di responsabilità civile della P.A.. Nonostante le critiche sollevate dalla dottrina, siffatto modello è stato ulteriormente sviluppato dalla giurisprudenza in tema di manutenzione delle strade, di tutela dei risparmiatori nei confronti della CONSOB, di tutela del privato nella fase preprocedimentale. L’oratore ha successivamente analizzato i modelli di colpa offerti dall’esperienza di altri ordinamenti europei: in particolare quello inglese, vicino al nostro e legato al tort of neglince, quello spagnolo, ancorato alla responsabilità oggettiva, ed infine quello francese di colpa oggettiva, seguito dalla giurisprudenza comunitaria che richiede ai fini della prova dell’elemento soggettivo dell’illecito una ‘violazione sufficientemente caratterizzata’.

Infine sono stati esposti i possibili sviluppi in tema di colpa: o l’applicazione del sistema indennitario previsto dalla riforma Bassanini o un ritorno alla colpa anonima di origine francese o il ricorso, in chiave deterrente, alla colpa del funzionario descritta dall’art. 28 della Costituzione.

Successivamente il pres. Vincenzo Carbone ha esaminato il tema dell’occupazione appropriativa: morte apparente? Il relatore ha messo in evidenza i diversi orientamenti, ma anche contrasti, giurisprudenziali che si sono formati in questa materia. In particolare ha analizzato la nuova disciplina introdotta dal testo unico sulla espropriazione per pubblica utilità soffermandosi sulla contraddizione tra il principio di legalità sancito dall’art. 2, secondo cui l’espropriazione dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili può essere disposta nei soli casi previsti dalle leggi e dai regolamenti, e la nuova fattispecie acquisitiva prevista dall’art. 43 del T.U., a tenore del quale valutati gli interessi in conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni.

I dott. Giuseppe De Marzo e Domenico Ancona hanno approfondito la problematica della quantificazione del danno: criteri e orientamenti.

La prof. Annamaria Angiuli ha trattato degli atti e comportamenti della P.A.:rilevanza nel diritto interno e comunitario per la garanzia risarcitoria degli interessi protetti. Quale che sia la valutazione dell’approdo interpretativo al quale pervengono le Sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 500/99 e il legislatore del 2000, il superamento dei limiti pregiudiziali alla tutela risarcitoria derivanti dalla natura giuridica della situazione soggettiva pregiudicata e la generalizzazione della potenziale tutela risarcitoria fin nell’ambito della giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, si profilano quali traguardi di un percorso intrapreso in sede comunitaria e indiscutibilmente orientato nell’ordinamento interno verso l’ampliamento della tutela di interessi, beni o valori giuridici compromessi, per effetto o in occasione dell’esercizio della funzione amministrativa. In ambito comunitario sembra che la disciplina per fatto dei pubblici poteri risenta in modo sensibile delle matrici di questo ordinamento, originariamente finalizzato anzitutto alle esigenze del mercato e dei soggetti gravanti intorno ad esso. Un ordinamento teso a dettare determinate regole di comportamento in funzione del mercato e per il quale la garanzia di effettività di quelle stesse regole è coessenziale alla sua stessa esistenza tende a privilegiare anche e soprattutto nelle tecniche di tutela, la effettività della reintegrazione patrimoniale del soggetto danneggiato in un suo interesse ritenuto meritevole di tutela, al di là di ogni diversa ed ulteriore qualificazione formale.

Pertanto secondo l’oratore la protezione accordata dall’ordinamento comunitario a taluni interessi penetra nell’ordinamento interno attraverso il complesso sistema dei rapporti tra le fonti coniugandosi con il principio secondo il quale l’intensità della tutela garantita ai soggetti portatori di posizioni soggettive di matrice comunitaria non può subire attenuazioni se i soggetti chiamati ad applicare quelle norme e responsabili del danno eventualmente prodottosi a seguito della loro violazione si collochino all’interno della organizzazione di uno Stato membro. Qualora si tratti di lesione di situazioni nella quali l’esercizio della funzione amministrativa non involga interessi presi in considerazione in sede comunitaria, i criteri elaborati dalla giurisprudenza comunitaria, in base alla regola dell’armonizzazione, risultano suscettibili di applicazione nel nostro ordinamento.

In particolare il relatore ha messo in evidenza le seguenti premesse teoriche in tema di responsabilità civile della P.A. per esercizio illegittimo della funzione: irrilevanza della distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi al fine dell’insorgenza dell’obbligazione risarcitoria a carico del soggetto pubblico al quale sia ascrivibile l’illecito; identità di tutti gli atti e comportamenti delle amministrazioni pubbliche in relazione alla loro attitudine ad assumere rilevanza in fattispecie risarcitorie derivanti da illecito; arbitrarietà di ogni pregiudiziale limitazione della tutela risarcitoria in relazione ai vizi dell’atto.

Il prof. Antonio Romano Tassone si è soffermato su danno risarcibile e situazioni giuridiche soggettive: le radici di una problematica. Sebbene con la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 500/99 l’interesse legittimo sia approdato al risarcimento, tuttavia si assiste al contempo alla crisi del modello stesso di responsabilità della P.A.. A tal proposito l’oratore ha ripercorso l’ampio e fecondo dibattito che si è aperto in dottrina, così sintetizzabile: vi sono coloro (Ledda) che negano l’esistenza stessa dell’interesse legittimo, quale posizione giuridica soggettiva, altri (Romano) ritengono incompatibile con il risarcimento la lesione dell’interesse legittimo, altri ancora (Scoca), che pur affermandone la risarcibilità, prospettano una rete di contenimento.

Il relatore ha sottolineato come logica d’annullamento e logica di spettanza non solo restano separate, ma le azioni cui esse fanno capo conservano, sul piano sostanziale, una reciproca autonomia che male si tenterebbe di negare o di stravolgere in nome delle esigenze del processo.

La configurazione unitaria del giudizio amministrativo di legittimità può quindi esser mantenuta solo adottando letture fortemente riduttive dell’art. 7 l.n.205/2000, e limitando al massimo le controversie lato sensu ‘risarcitorie’ che esso attribuisce alla cognizione del giudice amministrativo: sposando cioè la tesi che si tratti qui delle sole pretese ripristinatorie (per lo più in forma specifica, ma anche per equivalente), che appaiono fisiologicamente conseguenti all’annullamento del provvedimento lesivo, in quanto tendono a perfezionare, se del caso svolgendone fino in fondo le implicazioni positive, il meccanismo di ricostituzione dello status quo che da tale annullamento discende. Se si segue invece l’indirizzo che tende ad ampliare le competenze del giudice amministrativo di legittimità, estendendolo alle questioni propriamente risarcitorie, allora ci si deve rassegnare ad un giudizio dalla doppia fisionomia. Nulla impone che la dialettica tra logica d’annullamento e logica di spettanza debba risolversi nel predominio della prima: la contemporanea pendenza davanti al medesimo giudice di azioni ispirate ad entrambe potrebbe infatti condurre a nuove e più articolate soluzioni, in cui la stessa tutela d’annullamento potrebbe recepire i valori non formali della logica di spettanza, per ricomporre così, ma in un diverso quadro di valori fondanti, quell’unità di ispirazione del processo amministrativo che appare oggi compromessa.

L’oratore ha concluso spiegando che l’interesse legittimo può essere adeguatamente costruito come situazione giuridica sostanziale, ma appare destinato a vivere ed operare essenzialmente nel procedimento, là dove si confrontano e si compongono i diversi interessi materiali in gioco, perchè poi, in relazione agli approdi procedimentali, esso può cedere il passo al diritto soggettivo, qualora le risultanze della procedura indichino la necessità giuridica di soddisfare un certo interesse secondo certe modalità. Anche se ci si affranca dall’ipoteca del problema di giurisdizione, l’interesse legittimo resta dunque vitale, ma lo spessore di tale situazione appare allora ben lontano da quello che essa ha assunto nel sistema italiano di giustizia amministrativa.

La problematica dell’inapplicabilità del provvedimento amministrativo e azione di risarcimento è stata affrontata dal prof. Fabio Francario. Nello studio della responsabilità civile della pubblica amministrazione, il rapporto tra provvedimento amministrativo ed illecito civile può essere analizzato sotto svariati profili. La presenza del provvedimento amministrativo si riverbera su quasi tutti gli elementi, sia oggettivi che soggettivi, che tradizionalmente contraddistinguono la fattispecie dell’illecito civile : la valutazione dell’ingiustizia del danno; il nesso di causalità; la colpevolezza. Occorre chiarire se ed in che modo l’esistenza di un provvedimento amministrativo condizioni la tutela risarcitoria del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.

Le recenti riforme impongono la rimeditazione della problematica della responsabilità civile della pubblica amministrazione. Si tratta di una riforma che non è stata pensata nell’ambito di un disegno un minimo sistematico che si preoccupasse di disciplinare le azioni complessivamente ammesse nell’ambito del processo amministrativo, i rapporti tra le medesime, le rispettive condizioni di proponibilità, ammissibilità e procedibilità.

L’analisi del dato giurisprudenziale presenta un sistema frammentato, contraddittorio e disomogeneo e consente di ritenere : A) che i problemi di riparto di giurisdizione non sono superati; B) che sotto l’egida della responsabilità aquiliana, nell’ambito del processo amministrativo, vengono comprese situazioni che è improprio ricondurre nello schema del fatto illecito ex 2043 cc; C) che l’azione risarcitoria, sempre nel processo amministrativo, non è unitariamente disciplinata.

Dottrina e giurisprudenza sono entrambe divise nella ricostruzione dell’azione risarcitoria nel processo amministrativo. E’ significativo, però, che vi sia una pressochè assoluta convergenza nell’individuare l’origine dei problemi; nel ritenere cioè che il problema cruciale da affrontare, ed al quale vengono poi appunto date soluzioni differenti, sia quello posto dal fatto che non si può fare a meno di accertare l’illegittimità del provvedimento o dell’azione amministrativa in quanto, come aveva già chiarito la sentenza 500, questa – l’illegittimità – è elemento costitutivo dell’illecito.

Nello scenario tradizionale, il potere di disapplicazione è riconosciuto al giudice ordinario dalla legge 20 marzo 1865 n. 2248 All. E. Il sistema dell’allegato contempla e consente due distinte ipotesi di disapplicazione: in una, la questione di legittimità è oggetto di cognizione incidenter tantum; nell’altra, la questione viene conosciuta principaliter. È noto che i successivi sviluppi del sistema di giustizia amministrativa hanno poi concretamente precluso la possibilità di esercitare la tecnica della disapplicazione indiretta nei casi in cui il diritto si pretendesse leso da un atto dell’autorità amministrativa. L’affermarsi di discutibili criteri di riparto delle giurisdizioni ha portato a ritenere inammissibile l’azione risarcitoria proposta principaliter nei confronti di un provvedimento amministrativo illegittimo.

Il relatore evidenzia come la giurisprudenza che sta maturando in tema di responsabilità civile nell’ambito del processo amministrativo in realtà non stia facendo altro che cercare di recuperare questa tecnica di disapplicazione indiretta dell’atto amministrativo. Il recupero della tecnica di disapplicazione indiretta (attraverso il risarcimento del danno) è del resto davvero chiaro nella sentenza 500.

Circa i rapporti tra i diversi tipi di azione esperibili davanti al giudice amministrativo lo stato dell’arte appare il seguente: nessun problema v’è, ovviamente, se entrambe le domande vengono proposte contestualmente nel rispetto del termine di decadenza; pacifica è anche l’ammissibilità della domanda di danni proposta separatamente ed oltre il termine di sessanta giorni, purchè nel termine di prescrizione, se sia stato tempestivamente impugnato l’atto illegittimo; dubbia rimane l’ammissibilità dell’azione per danni proposta nel termine di prescrizione senza impugnativa dell’atto nei termini di decadenza.

L’oratore esclude che la domanda di danni possa essere proposta autonomamente, in forma cioè non incidentale ad un giudizio principale di annullamento, nel termine di prescrizione; ma va da sé che, se ratio del termine di decadenza è la necessità di contestare entro breve termine la scelta amministrativa, non v’è necessità di negare l’autonoma proponibilità dell’azione risarcitoria se questa rispetta il termine di decadenza.

Fermo restando che per la medesima ragione l’azione risarcitoria può essere poi proposta anche nel termine di prescrizione se, nel termine di decadenza, l’atto sia stato già contestato attraverso la domanda annullamento, in conformità al principio civilistico sopra ricordato che vuole sempre proponibile la domanda risarcitoria anche se in origine si sia chiesto soltanto l’esatto adempimento.

Successivamente il cons. Roberto Garofoli ha trattato dell’azione risarcitoria e i problemi della giurisdizione. Dopo aver ripercosso le più recenti tappe – il D.lgs.n. 80 del 1998, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 500 del 1999, la legge n. 205 del 2000 – dell’evoluzione storica che ha interessato il sistema di giustizia amministrativa, la riflessione si è incentrata sulla diversa logica che governa le forme di tutela del privato: l’annullamento tende a realizzare l’interesse alla legalità, il risarcimento extracontrattuale soddisfa la pretesa della spettanza, pretesa estranea alla responsabilità contrattuale.

In particolare il relatore ha analizzato le diverse interpretazioni che sono state fornite dalla dottrina e dalla giurisprudenza circa il nuovo assetto delle giurisdizioni che deriva dalla riforma dell’art. 7 della legge T.A.R.. Partendo dal dato che siffatta norma regola soltanto la giurisdizione e non risolve il rapporto tra azione di annullamento e di risarcimento, è da ritenersi preferibile la tesi che rende possibile da parte del giudice amministrativo condannare al risarcimento se questo sia consequenziale all’annullamento, tesi che valorizza il principio di concentrazione.

Il convegno si è concluso con una tavola rotonda presieduta dal prof. Massimo Vari.


Ulteriori approfondimenti sono offerti nel forum sulla giustizia amministrativa dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo.

Vincenzo Antonelli