Sui benefici di maggiorazione dell’anzianità contributiva per esposizione all’amianto

22.04.2002

Corte Costituzionale, 22 aprile 2002, sent. n.127

I benefici di maggiorazione dell?anzianità contributiva correlati all?incidenza di lavorazioni che possono presentare potenzialità morbigene devono essere corrisposti a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla categoria di appartenenza.

Giudizio di legittimità costituzionale dell’art.13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271, promosso dal Tribunale di Treviso.

Il Tribunale di Treviso ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell?art.13, co.8, della legge n. 257 del 1992, come modificato dall?art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1993, n.169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell?amianto), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271, in riferimento all’art.3 della Costituzione.

La norma censurata stabilisce che, per i lavoratori esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, il periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti da detta esposizione sia moltiplicato per uno specifico coefficiente che ne eleva il valore.

Secondo il rimettente, l?interpretazione letterale della disposizione induce a ritenere la sussistenza di una riserva di detto beneficio in favore di lavoratori dipendenti da aziende private, con conseguente non estensione ai dipendenti delle FF.SS. S.p.A.

L?orientamento si riferisce sia all?espresso riferimento al periodo di lavoro soggetto all’assicurazione obbligatoria INAIL contro le malattie da amianto, sia al contesto generale dell’articolo in esame, soprattutto laddove impone alle imprese private di versare all’INPS un contributo per ogni dipendente che abbia fruito del pensionamento anticipato.

Per questa ragione, il rimettente ritiene che la disposizione censurata riguardi esclusivamente i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti gestita dall’INPS e non anche i lavoratori iscritti ad altri fondi pensione.

In tal senso, si rinviene il vulnus dell’art.3 Cost., sotto il profilo di un?irragionevole disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti di imprese private e lavoratori dipendenti di imprese non private a fronte di un?identica situazione di prolungata esposizione all’amianto. Da detta disparità deriva l?esclusione dei ricorrenti dal godimento dei benefici contributivi previsti per il periodo lavorativo soggetto all’esposizione all’amianto.

In tal senso, le FS.SS. S.p.A. ritengono che la disposizione sia inapplicabile ai propri dipendenti, giudicando i benefici previsti dalla legge n.257/92 come riservati ai lavoratori dell’amianto del settore privato. La ratio della disposizione denunciata, infatti, dovrebbe essere ravvisata nell’intenzione di beneficiare il settore privatistico, maggiormente esposto in caso di soppressione delle lavorazioni relative all?amianto. Nel settore pubblico, infatti, il rischio non si presenta o si presenta in misura ridotta, stante la maggiore tutela di ricollocazione dei lavoratori nel caso di soppressione dell’attività.

La parte costituita esclude, però, che possa ravvisarsi un contrasto con l’art.3 Cost., in quanto la disposizione censurata individua una categoria di imprese e di lavoratori precisa e definita, nella finalità di favorire la particolare situazione occupazionale causata per detta categoria dal divieto di utilizzazione dell’amianto.

L’INPS, invece, sostiene che il censurato art.13 ammette una stretta correlazione tra lavoratori esposti all’amianto e l’assoggettamento, per il periodo di esposizione, all’assicurazione gestita dall’INAIL. Non può, dunque, ritenersi costituzionalmente illegittima la disposizione denunciata, essendo rimessa l’individuazione dei beneficiari alla discrezionalità dello stesso legislatore. La circostanza che il beneficio sia limitato “soltanto a particolari categorie” si giustifica, infatti, nel carattere di eccezionalità della norma.

L’INPS ritiene, inoltre, che le disposizioni di cui all’art.13 della l. n.257/92 abbiano lo scopo di accelerare il pensionamento dei lavoratori esposti al rischio dell’amianto, anche per ottenere un più rapido conseguimento del trattamento economico previdenziale sostitutivo della retribuzione, che difficilmente può essere mantenuta mediante il reimpiego.

Dato questo quadro generale, ben si comprende la motivazione per cui i benefici di cui al citato art.13 dovrebbero riguardare solo i lavoratori del settore privato iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti. Questi, infatti, avrebbero potuto subire conseguenze negative sotto il profilo occupazionale dall’entrata in vigore della legislazione che pone il divieto nell’uso dell’amianto, diversamente dai lavoratori dipendenti dalle Ferrovie dello Stato, all?epoca tutelati dal rapporto di pubblico impiego con garanzia di stabilità del posto di lavoro.

La Corte, nell?esaminare la questione prospettata, ha ritenuto che la questione non sia fondata nel merito.

In particolare, si è ricordato come, con la sentenza n.5 del 2000, si è già affrontato l’esame di costituzionalità dell’art.13, co.8, evidenziandosi in tale occasione come la norma conferisca rilievo, ai fini dell?applicazione del beneficio previdenziale, all?assoggettamento dei lavoratori all?assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall?amianto, ma escluda al contempo ogni selezione derivante dal riferimento alla tipologia dell?attività produttiva del datore.

La Corte rinviene, quindi, lo scopo della citata disposizione nell?offrire, ai lavoratori esposti all?amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno 10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che possono presentare potenzialità morbigene.

Ma la stessa non concorda con l?assunto prospettato dal ricorrente, secondo cui la norma denunciata riserva il beneficio pensionistico della rivalutazione dei periodi assicurativi solo ai lavoratori dipendenti da aziende private, senza estensione ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato.

Detto assunto, infatti, deriva da una non corretta interpretazione della ratio legis, in un caso in cui, invece, una approfondita indagine appare necessaria, soprattutto a causa dell?assenza di diritto vivente.

In ogni caso, l?orientamento della Corte è di ritenere che la disposizione in esame sia volta a tutelare tutti i lavoratori esposti all’amianto, sia pure in presenza dei necessari presupposti. In particolare, detti presupposti rilevano con riguardo alla capacità dell’amianto di produrre danni sull’organismo in relazione al tempo di esposizione ed è in base a questa misura che si decide l?attribuzione del beneficio di maggiorazione dell’anzianità contributiva.

Secondo la Corte, detta pericolosità è presente anche nel caso del servizio ferroviario, dove l’eliminazione e lo smaltimento del materiale rotabile contenente amianto si pone come problema di primaria importanza.

Non appare, inoltre, corretto qualificare i lavoratori delle F.SS. come dipendenti di “imprese non private” poiché alla data di entrata in vigore della disposizione denunciata, l’Ente cui essi appartenevano era già stato trasformato in società per azioni.

Alla luce delle motivazioni esposte, la Corte ritiene opportuno interpretare la disposizione denunciata nel senso di consentire l?inserimento dei lavoratori delle Ferrovie dello Stato nel beneficio previdenziale previsto, sempre a condizione che sussistano i presupposti richiesti dalla norma ovvero l’esposizione ultradecennale all’amianto e la soggezione all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto e al rischio morbigeno.

Non è, quindi, possibile ammettere la violazione dell?art.3 Cost e, pertanto, la questione di legittimità è dichiarata non fondata.

Giurisprudenza richiamata:

sulla non fondatezza del contrasto tra gli artt. 3 e 81, co.4, della Costituzione e l?art.13, co.8, della legge n.257/92: Corte Costituzionale, sentenza n. 5 del 2000.

a cura di Francesca Di Lascio