Diritto al lavoro dei disabiliConsiglio di Stato, Sez. V, sentenza del 2 aprile 2002, n. 1086

02.04.2002

L’Impresa non può ritenere di aver adempiuto agli obblighi di cui all’art. 17 della legge n. 68 del 1999 (legge sul diritto al lavoro dei disabili) se, in sede di gara, presenta solo la certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della l. n. 68/99 e non, invece, la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili.

La novità più rilevante della legge n. 68 del 1999 è forse contenuta nell’art. 17, con il quale il legislatore ha previsto, in aggiunta alle sanzioni prettamente pecuniarie, che le imprese sia pubbliche che private che partecipino a bandi per appalti pubblici ( o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con la pubblica amministrazione ) sono tenute a dimostrare di essere in regola con gli obblighi sanciti dalla predetta legge.

Ebbene, l’art. 17 puntualmente prevede che l’adempimento agli obblighi suddetti sia provato mediante la presentazione della ‘ dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge’: già dalla lettera della norma si evince chiaramente che il legislatore, con l’articolo in esame, ha inteso imporre un duplice onere documentale a carico dei concorrenti.

La su riportata interpretazione della norma, tra l’altro, ha ricevuto il conforto di alcune sentenze di Tribunali Amministrativi Regionali che, infatti, si sono espressi affermando che ‘ Tale dichiarazione (del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili) non può sostituirsi al certificato degli uffici competenti per espressa volontà del legislatore che ha previsto, come già è detto, un duplice onere, sicché non è possibile ipotizzare che il primo degli obblighi imposti assorba il secondo, specie se si considera la natura di quest’ultimo consistente nell’allegazione di un certificato rilasciato da una pubblica amministrazione.’ (TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, sentenza del 5 luglio 2001, n. 538).

Su tale specifico profilo della legge n. 68/99, è intervenuto puntualmente il Consiglio di Stato con la sentenza di cui sopra: in particolare, il Supremo Consesso ha statuito che ‘Non è prospettabile sul piano ermeneutico una interpretazione che confonda i due documenti tenuti distinti dalla legge. Semmai, ove si fosse convinti che l’onere imposto alle imprese sia un inutile e vuoto formalismo, potrebbe essere prospettato il sospetto dell’irrazionalità della disposizione legislativa e quindi essere sollevata una questione di illegittimità costituzionale sotto il profilo della violazione dell’art. 97, comma 1, della Costituzione. Ma questo sicuramente non è il caso, in quanto i due documenti adempiono a funzioni diverse posto che il certificato rilasciato dall’ufficio del collocamento obbligatorio attesta solo il rispetto da parte dell’impresa dell’obbligo di presentare il prospetto informativo di cui all’art. 9, comma 6, della legge in parola. Mentre il contenuto dell’autodichiarazione riguarda il rispetto sostanziale di tutte le norme concernenti il collocamento obbligatorio dei disabili.’.

Ne consegue che, in tale contesto sistematico, il collegio giudicante ritiene che l’art. 17, sancendo l’obbligo di certificazione dell’osservanza del suddetto onere sociale, deve essere letto ed interpretato come funzionale alla ratio legis della legge n. 68/99, che, infatti, persegue la peculiare finalità di garantire che le P.A. instaurino rapporti contrattuali o convenzionali esclusivamente con controparti che abbiano soddisfatto agli obblighi imposti dalla normativa sul diritto al lavoro dei disabili.

a cura di Fulvia Giacco