Appalti di servizi – requisiti – principio proporzionalitàTAR LAZIO – SEZ. I – SENTENZA 1 MARZO 2002, N. 1577

01.03.2002

TAR LAZIO – SEZ. I – SENTENZA 1 MARZO 2002, N. 1577

‘Per gli appalti di servizi, le P.A. possono richiedere requisiti di ammissibilità ultronei, sempre che si rispetti il principio di proporzionalità ed adeguatezza rispetto all’oggetto dell’appalto’.

Trattandosi di gare d’appalto per l’affidamento di un servizio, i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico- organizzativa che la Stazione Appaltante può richiedere ai concorrenti sono quelli individuati dagli art. 13 e 14 del D.Lgs. n. 157/1995. Il legislatore, tuttavia, in considerazione di particolari esigenze e situazioni che non risultano disciplinate in modo esaustivo, ammette la possibilità per le Amministrazioni di richiedere ulteriori requisiti rispetto a quelli previsti negli articoli su menzionati che, pertanto, risultano essere solo dei parametri di riferimento la cui specificazione e quantificazione è, in definitiva, rimessa alla Stazione Appaltante.

Per contrastare l’esercizio sempre più arbitrario del potere discrezionale lasciato alle Stazioni Appaltanti nella scelta dei requisiti da richiedere alle imprese partecipanti agli appalti di servizi pubblici, la giurisprudenza – sollecitata a far questo da un numero esorbitante di ricorsi di imprese escluse da tale mercato in conseguenza delle irragionevoli scelte fatte dalle P.A.– ha elaborato il principio – che, ormai, può dirsi consolidato – per cui la stazione appaltante, pur potendo esigere requisiti di idoneità più severi rispetto a quelli indicati nei citati artt. 13-14, deve esercitare tale potere discrezionale secondo criteri non discriminatori, di logicità, ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla specificità del servizio oggetto di appalto, in modo da restringere non oltre lo stretto indispensabile la platea dei potenziali concorrenti (Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 1996, n. 279; Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 9 giugno 1998, n. 339; T.A.R. Campania, Sez. I, 25 gennaio 1999, n. 149).

Nel solco tracciato dalla su citata giurisprudenza si pone la sentenza del Tar Lazio in commento che, infatti, puntualmente ritorna ad affermare che ‘La fissazione dei requisiti di ammissibilità alla gara, ancorché riconducibile nella sfera discrezionale dell’Amministrazione di integrare, per gli aspetti non oggetto di specifica ed esaustiva regolamentazione, i requisiti di ammissione alle procedure di evidenza pubblica deve in ogni caso raccordarsi con carattere di proporzionalità ed adeguatezza alla tipologia ed oggetto della prestazione per la quale è stata indetta la gara e non deve, inoltre, tradursi in un’indebita limitazione dell’accesso delle imprese interessate presenti sul mercato.‘.

Nel caso di specie l’Amministrazione aveva richiesto quale requisito di capacità economica per l’affidamento di un servizio di pulizia, la media del fatturato degli ultimi tre esercizi finanziari pari all’importo annuo presunto dei lotti posti in gara.

A giudizio del Tribunale, avuto riguardo alla tipologia del servizio di pulizia di cui trattasi (da rendersi in maniera differenziata in relazione ai singoli edifici, stabilimenti e strutture ubicate sul territorio e, pertanto, con una adeguata e proporzionale organizzazione di mezzi), si configura – ai fini della verifica del livello di idoneità economica e finanziaria delle imprese concorrenti – decisamente esorbitante il collegamento del fatturato medio annuo alla sommatoria del corrispettivo di appalto, anche in relazione all’assetto organizzativo ed aziendale delle imprese che normalmente offrono il servizio in questione.

Stante le suesposte considerazioni, il Tar Lazio conclude chiarendo che ‘la clausola del bando contestata introduce una indebita restrizione dell’accesso alla gara in questione in contrasto con i principi di concorsualità e di ampia partecipazione cui devono uniformarsi i pubblici incanti.’.

a cura di Fulvia Giacco