La determinazione delle tariffe per i servizi obbligatori è soggetta a riserva di legge

28.12.2001

Corte costituzionale 28 dicembre 2001, n. 435

Nella nozione di prestazione patrimoniale imposta, ai sensi dell’articolo 23 della Costituzione, vanno ricondotte anche prestazioni aventi funzione di corrispettivo quando, per i caratteri e il regime giuridico dell’attività resa, a fronte della prestazione patrimoniale appare prevalente l’elemento dell’imposizione legale. Per cui non spetta alla Giunta regionale il potere di fissare le tariffe dei diritti sanitari per le prestazioni che sono previste dalla legge come compiti istituzionali delle aziende sanitarie e come condizioni necessarie per certe attività.

Giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 7, secondo comma, della Legge della Regione Puglia 20 luglio 1984, n. 36 (Norme concernenti l’igiene e sanità pubblica ed il servizio farmaceutico), promosso dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce.

La questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR riguarda una disposizione di legge regionale che attribuisce alla Giunta regionale il potere di fissare le tariffe dei “diritti sanitari”, dovuti alle aziende sanitarie per le prestazioni, gli accertamenti e le indagini effettuate per conto e nell’interesse di terzi richiedenti.

La Corte costituzionale concorda con l’interpretazione, motivatamente accolta dal Tribunale remittente, secondo cui il potere tariffario in questione non riguarderebbe solo le prestazioni “extra-istituzionali” a favore di terzi effettuate dalle aziende sanitarie, ma anche le prestazioni, sempre rese a favore di terzi richiedenti, previste dalla legge come compiti istituzionali delle aziende medesime, quali sono i pareri igienico-sanitari su progetti edilizi di cui è causa e che sono tuttora previsti come obbligatori.

I versamenti relativi a queste ultime tariffe costituiscono prestazioni patrimoniali imposte, come tali soggette alla disciplina dell’articolo 23 della Costituzione, che pone in materia una riserva di legge, sia pure limitata alla statuizione degli elementi fondamentali della prestazione.

La giurisprudenza della Corte, infatti, ha allargato la nozione di “prestazione patrimoniale imposta”, ai sensi dell’articolo 23 della Costituzione, riconducendovi anche prestazioni di natura non tributaria ed aventi funzione di corrispettivo quando, per i caratteri e il regime giuridico dell’attività resa, sia pure su richiesta del privato, a fronte della prestazione patrimoniale appare prevalente l’elemento dell’imposizione legale.

Perché la riserva di legge di cui all’articolo 23 della Costituzione sia soddisfatta, la legge (anche regionale) deve stabilire gli elementi fondamentali dell’imposizione, anche se demanda a fonti secondarie o al potere dell’amministrazione la specificazione e l’integrazione di tale disciplina.

La questione verteva, nel caso di specie, intorno al quantum dell’imposizione, che la norma impugnata rimetteva interamente alla Giunta regionale, senza indicare alcun criterio, né alcun limite.

È bensì sufficiente, per rispettare la riserva di legge, che idonei criteri e limiti di natura oggettiva o tecnica, atti a vincolare la determinazione quantitativa dell’imposizione, si desumano dall’insieme della disciplina considerata; ciò può verificarsi, in particolare, quando la prestazione imposta costituisca il corrispettivo di un’attività il cui valore economico sia determinabile sulla base di criteri tecnici e il corrispettivo debba per legge essere determinato in riferimento a tale valore. Ma sta di fatto che dalla disciplina legislativa, che affida alla Giunta regionale la determinazione delle tariffe, non è desumibile alcun vincolo a commisurare le voci delle tariffe stesse al costo delle singole diverse prestazioni rese.

Talvolta la Corte ha avuto riguardo alle caratteristiche del procedimento previsto per la fissazione delle tariffe, tenendo conto dell’esistenza di elementi o moduli procedimentali considerati idonei a restringere l’ambito di discrezionalità dell’amministrazione e ad escluderne quindi l’arbitrio. Ma la norma denunciata si limita a prevedere una deliberazione della Giunta regionale, non preceduta dal parere o dall’intervento di alcun organo tecnico.

Non si ricava dunque, dal sistema normativo in esame, alcun criterio oggettivo atto a delimitare la discrezionalità della Giunta.

La Corte costituzionale ha quindi dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata nella parte in cui prevedeva che, con riferimento ai pareri igienico-sanitari resi dalle aziende sanitarie in favore di terzi richiedenti nei casi previsti dalla legge, fosse la Giunta regionale a fissare le tariffe a carico dei terzi medesimi.

Giurisprudenza richiamata:

* sulla nozione di “prestazione patrimoniale imposta”: Corte costituzionale, sentenza n. 215 del 1998; Corte costituzionale, sentenza n. 236 del 1994; Corte costituzionale, sentenza n. 127 del 1988; Corte costituzionale, sentenza n. 72 del 1969; Corte costituzionale, sentenza n. 55 del 1963
* sulle condizioni di soddisfacimento della riserva di legge di cui all’articolo 23 della Costituzione: Corte costituzionale, sentenza n. 269 del 1997; Corte costituzionale, sentenza n. 180 del 1996; Corte costituzionale, sentenza n. 148 del 1979; Corte costituzionale, sentenza n. 64 del 1965
* sul principio per cui è sufficiente, al fine di rispettare la riserva di legge, che idonei criteri e limiti, di natura oggettiva o tecnica, atti a vincolare la determinazione quantitativa dell’imposizione, si desumano dall’insieme della disciplina considerata: Corte costituzionale, sentenza n. 507 del 1988; Corte costituzionale, sentenza n. 72 del 1969
* sugli elementi o moduli procedimentali considerati idonei a restringere l’ambito di discrezionalità dell’amministrazione escludendone l’arbitrio: Corte costituzionale, sentenza n. 215 del 1998
* sui diritti sanitari: Corte costituzionale, sentenza n. 180 del 1996

a cura di Giuseppe Conte