Corte costituzionale 27 luglio 2001, n. 314
La Legge 144 del 1999 ha istituito in ogni amministrazione statale e regionale i nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici. Tale disciplina, riconducibile alle esigenze della valutazione tecnico-economica delle decisioni concernenti gli investimenti e del monitoraggio su scala nazionale degli stessi, in vista della creazione di un quadro coordinato ed unitario e in raccordo con la disciplina dei fondi comunitari e con le relative tecniche di programmazione, valutazione, monitoraggio e verifica, non viola le competenze regionali e provinciali costituzionalmente garantite, fatta eccezione per il comma 3 dell’articolo 1, di cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale.
Giudizio di legittimità costituzionale promosso con ricorso della Provincia di Trento avverso l’articolo 1, commi 1, 2, lettere a) e c), 3, 4 e 9 della Legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali).
L’articolo 1 della Legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali) prevede l’istituzione, in ogni amministrazione statale e regionale, di nuclei di valutazione e verifica degl’investimenti pubblici. Tale disposizione si colloca nel più ampio contesto normativo originato, per un verso, dalle riforme amministrativa e di bilancio intervenute da qualche tempo e, per l’altro, dall’adeguamento ai principî dell’ordinamento comunitario, orientati a potenziare azioni di sviluppo armonioso della Comunità. Con riferimento ai processi di modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, il trasferimento dal centro al territorio delle politiche di sviluppo e delle relative risorse ha comportato un ulteriore potenziamento del ruolo delle Regioni e delle Provincie autonome. A ciò ha fatto riscontro l’esigenza non solo dell’introduzione, in forma generalizzata, di tipologie di controllo dell’efficienza dell’azione amministrativa e dell’efficacia dei servizi erogati, ma anche di qualificate competenze tecniche per la definizione dei programmi, come pure per le analisi di opportunità e fattibilità.
Inoltre, in relazione al processo di integrazione comunitaria, va tenuto conto dell’impulso dato alla politica regionale dal Trattato sull’Unione Europea, come, da ultimo, modificato dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 (ratificato ed eseguito con L. 209 del 1998): a tale materia il Trattato dedica, nell’ambito della Parte III (Politiche della Comunità), l’apposito Titolo XVII relativo, per l’appunto, alla “coesione economica e sociale”, contenente cinque articoli (158-162), che prevedono una specifica azione comunitaria mirata “a ridurre il divario tra le diverse Regioni ed il ritardo delle Regioni meno favorite o insulari”. A loro volta i regolamenti, sulla base di tali previsioni, disciplinano il co-finanziamento europeo attraverso i Fondi strutturali, conferendo particolare rilevanza alle azioni di sorveglianza, controllo finanziario e valutazione degl’investimenti pubblici, rimesse agli Stati membri, per assicurare la realizzazione effettiva degl’impegni presi.
Anche in ragione di questa disciplina comunitaria, le disposizioni sui nuclei di valutazione e verifica degl’investimenti pubblici contemplano l’apprestamento di una rete di risorse metodologiche ed informative preordinata alla valutazione (ex ante, in itinere ed ex post) dell’affidabilità delle politiche pubbliche di investimento e del razionale impiego delle risorse progettuali e finanziarie, onde pervenire, mercé anche le azioni di monitoraggio svolte in sede locale, all’unitaria ricomposizione del quadro generale degl’interventi pubblici.
Più in particolare, l’articolo 1, comma 1, L. 144 del 1999 prevede che le amministrazioni centrali e regionali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, istituiscano propri nuclei, cui viene attribuita, in raccordo fra di loro e col nucleo di valutazione e verifica degl’investimenti pubblici del Ministero del tesoro, la funzione di supporto tecnico nelle fasi di programmazione, valutazione, attuazione e verifica degl’interventi di ogni singola amministrazione.
Tali nuclei, integrandosi col Sistema statistico nazionale ed operando in collegamento con gli uffici di statistica costituiti presso le varie amministrazioni, svolgono, ai sensi del comma 2, “funzioni tecniche a forte contenuto di specializzazione” relative all’attività di assistenza e di supporto tecnico per le fasi di programmazione, formulazione e valutazione di documenti di programma, per le analisi di opportunità e fattibilità, di valutazione ex ante dei progetti, con particolare riferimento al profilo della qualità ambientale e della sostenibilità dello sviluppo (lettera a), nonché all’attività “volta alla graduale estensione delle tecniche proprie dei fondi strutturali all’insieme dei programmi e dei progetti attuati a livello territoriale, con riferimento alle fasi di programmazione, valutazione, monitoraggio e verifica” (lettera c).
In base a quanto previsto dal comma 3, l’attività di costituzione dei nuclei di valutazione è riservata, sotto il profilo amministrativo, organizzativo e funzionale, alle singole amministrazioni, che debbono tenere conto delle strutture similari già esistenti, evitando duplicazioni ed elaborando un programma di attuazione comprensivo delle connesse attività di formazione ed aggiornamento.
La Legge rimette, poi, a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, il compito di indicare le caratteristiche organizzative comuni dei nuclei di valutazione, ivi comprese la spettanza di compensi agli eventuali componenti estranei alla pubblica amministrazione, nonché le modalità e i criteri per la formulazione e la realizzazione dei programmi di attuazione (comma 4).
Sempre allo scopo di realizzare maggiore qualità ed efficienza del processo di programmazione delle politiche di sviluppo, è affidato, infine, alle Regioni ed alle Provincie autonome, alla luce di criteri indicati dal CIPE, sentita la Conferenza permanente, il compito “di suddividere il rispettivo territorio in Sistemi locali del lavoro, individuando tra questi i distretti economico-produttivi, sulla base di una metodologia e di indicatori elaborati dall’Istituto nazionale di statistica” (comma 9). Come risulta dagli atti preparatori della Legge, questa disposizione persegue la finalità di una “mappatura” del territorio nazionale attraverso la sua ripartizione in “Sistemi locali del lavoro”, cioè in comprensori territoriali con specifiche caratteristiche funzionali riferite alle attività lavorative, tra cui vanno poi individuati i “distretti economico-produttivi”, da intendere come agglomerazioni di attività organizzate ad impresa. L’esigenza che s’intende in tal modo soddisfare è quella di nuovi modelli concettuali ed operativi che, prendendo a riferimento le attività lavorative e produttive, consentano di rappresentare in modo più adeguato rispetto alle tradizionali ripartizioni amministrative le differenze di sviluppo delle diverse zone territoriali in cui si articolano Regioni e Provincie. E ciò anche in vista dell’erogazione di quote dei Fondi strutturali destinate alle zone di “Obiettivo 2” (art. 4 Regol. CE n. 1260/1999), ovvero degli aiuti in deroga di cui all’articolo 87.3.c del Trattato di Roma. Secondo quanto risulta dalla deliberazione CIPE n. 65 del 3 maggio 2001, nel frattempo intervenuta, la delimitazione dei Sistemi locali del lavoro, come pure l’individuazione dei distretti economico-produttivi, è operata, previa istruttoria tecnica realizzata in ambito CIPE e dunque col coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali interessati, direttamente da parte di ciascuna Regione o Provincia autonoma.
Tali disposizioni sono rivolte ad enunciare principî di organizzazione, riconducibili all’esigenze della necessaria valutazione tecnico-economica delle decisioni concernenti gl’investimenti e del monitoraggio su scala nazionale degli stessi, in vista della creazione di un quadro coordinato ed unitario, in raccordo anche con la disciplina dei fondi comunitari e con le relative tecniche di programmazione, valutazione, monitoraggio e verifica. Si tratta, pertanto, di norme fondamentali delle riforme economico-sociali che, essendo volte a realizzare una complessiva e profonda innovazione normativa in un settore che assume importanza nazionale, sono suscettibili, come tali, di condizionare anche la legislazione esclusiva delle Regioni e Provincie autonome.
Inoltre, va considerato che siffatte disposizioni non consentono ai nuclei di intervenire direttamente nel processo decisionale: anche quando questi sono chiamati a fornire il supporto tecnico per le analisi di opportunità e fattibilità e per l’apprezzamento ex ante di progetti ed interventi, il loro contributo rimane pur sempre contenuto nei limiti di un’attività di ausilio tecnico-valutativo alle decisioni che competono alle singole amministrazioni.
Né possono ritenersi incostituzionali le disposizioni che impongono di tenere conto di strutture similari già esistenti, di evitare duplicazioni, come pure di provvedere ad elaborare un programma di attuazione: è evidente, infatti, che si tratta di norme sostanzialmente corrispondenti a regole di buona amministrazione e che esse sono funzionalmente legate da un rapporto di necessaria integrazione con quelle contenute nei commi 1 e 2 dell’articolo 1 concorrendo a realizzarne gli obiettivi riformatori, sì che partecipano della medesima natura di quelle che valgono ad integrare e beneficiano, perciò, dell’identica protezione costituzionale.
Nemmeno lede l’autonomia regionale o provinciale la previsione, da parte del legislatore nazionale, di un’attività di rilevazione di dati e di attivazione di sistemi informativi, tanto più trattandosi di esigenze che postulano un’azione unitaria ed interventi destinati ad inserirsi nel più ampio quadro dei programmi comunitari.
La Corte costituzionale ha, invece, dichiarato fondata la censura d’incostituzionalità concernente il comma 4, che affida a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l’indicazione delle “caratteristiche organizzative comuni dei nuclei”, anche per quel che attiene alla “spettanza di compensi agli eventuali componenti estranei alla pubblica amministrazione” ed a modalità e criteri “per la formulazione e la realizzazione dei programmi di attuazione” previsti al precedente comma 3. La disposizione va dichiarata illegittima vuoi a considerare di natura regolamentare l’atto in essa prefigurato, vuoi a reputarlo un atto di indirizzo e coordinamento. Nel primo caso, occorre rammentare l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui i regolamenti statali non possono di norma disciplinare, in ragione della distribuzione delle competenze normative fra Stato, Regioni e Province autonome, le materie spettanti a queste ultime. Non diverse appaiono le conclusioni se si riconduce l’atto alla funzione di indirizzo e coordinamento, posto che intanto possono configurarsi in capo ad organi statali poteri riconducibili a tale funzione, in quanto la funzione sia esercitata attraverso atti collegiali del Governo e nel rispetto del principio di legalità sostanziale.
Giurisprudenza richiamata:
* sul ruolo delle Regioni e delle Province autonome, cui compete di somministrare la maggior parte delle utilità individuali e collettive destinate a soddisfare i bisogni sociali: Corte costituzionale, sentenza n. 29 del 1995
* sull’idoneità delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali a condizionare anche la legislazione esclusiva delle Regioni e Provincie autonome: Corte costituzionale, sentenza n. 4 del 2000
* sulle norme funzionalmente legate da un rapporto di necessaria integrazione con quelle fondamentali di riforma economico-sociale, che partecipano della medesima natura di quelle che valgono ad integrare e beneficiano, perciò, dell’identica protezione costituzionale: Corte costituzionale, sentenza n. 170 del 2001; Corte costituzionale, sentenza n. 477 del 2000
* sull’impossibilità per i regolamenti statali di disciplinare, in ragione della distribuzione delle competenze normative fra Stato, Regioni e Province autonome, le materie spettanti a queste ultime: Corte costituzionale, sentenza n. 169 del 1999
* sul principio per cui intanto possono configurarsi in capo ad organi statali poteri riconducibili alla funzione di indirizzo e coordinamento, in quanto siano rispettate le condizioni dell’esercizio della funzione stessa attraverso atti collegiali del Governo e del rispetto del principio di legalità sostanziale: Corte costituzionale, sentenza n. 63 del 2000