Corte costituzionale 25 luglio 2001, n. 287
Giudizio di legittimità costituzionale avverso l’articolo 29, commi 3 e 5, della Legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale) promosso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bologna.
L’articolo 29, comma 5, della Legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), nella parte in cui stabilisce che, in occasione delle campagne elettorali amministrative, la mancata indicazione del nome del committente responsabile sulle pubblicazioni di propaganda elettorale specificate nel comma 3 è punita con la multa da un milione a cinquanta milioni di lire, stabilisce un trattamento sanzionatorio arbitrariamente più severo rispetto a quanto stabilito dalla Legge 515 del 1993 quando si tratta di elezioni politiche (sanzione amministrativa pecuniaria da £ 1.000.000 a £ 50.000.000). Questa differenza è tanto più irrazionale ed ingiustificata se si considera che la materia della propaganda elettorale, in cui tradizionalmente vengono ricompresi gl’illeciti in esame, è stata caratterizzata, a partire dalla Legge 212 del 1956 per arrivare alla Legge 22 febbraio 2000, n. 28, da una disciplina sostanzialmente applicabile a qualsiasi tipo di competizione elettorale secondo un criterio di omogeneità e se si osserva il quadro di depenalizzazione degl’illeciti in materia di propaganda elettorale disposta per i vari tipi di competizione elettorale dalla Legge 515 del 1993.
La Corte ha inteso, pertanto, ripristinare l’eguaglianza violata, dichiarando illegittima, per contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, la norma censurata nella parte in cui dispone la multa da lire un milione a lire cinquanta milioni anziché prevedere la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire cinquanta milioni.
Giurisprudenza richiamata:
* sulla consolidata giurisprudenza costituzionale secondo cui, pur rientrando nella discrezionalità legislativa il potere di configurare le ipotesi criminose e di depenalizzare fatti prima configurati come reato, tuttavia lo scrutinio di costituzionalità può investire il merito delle scelte del legislatore quando l’opzione legislativa contrasti col principio di eguaglianza sotto il profilo dell’arbitrarietà o della manifesta irragionevolezza: Corte costituzionale, sentenza n. 531 del 2000; Corte costituzionale, sentenza n. 508 del 2000; Corte costituzionale, ordinanza n. 144 del 2001
* sulla ricomprensione degl’illeciti in esame nella materia della propaganda elettorale: Corte costituzionale, sentenza n. 52 del 1996
* sulla Legge 515 del 1993, che è intervenuta a disciplinare le campagne elettorali per l’elezioni politiche operando un ampio intervento sul versante della decriminalizzazione: Corte costituzionale, sentenza n. 52 del 1996