Il Decreto legislativo 112 del 1998 ha soppresso ogni residuo potere del prefetto in tema di agenzie di affari (quelle di onoranze funebri in particolare)

25.07.2001

Corte costituzionale 25 luglio 2001, n. 290

La norma in questione, conformemente a quanto disposto dalla Legge delega, si è basata sulla distinzione fra ordine e sicurezza pubblica, da un lato, e polizia amministrativa, come funzione accessoria ai compiti spettanti alle Regioni ed agli enti locali nelle materie di loro competenza, dall’altro: spettano allo Stato le funzioni e i compiti amministrativi relativi all’ordine pubblico ed alla sicurezza pubblica, mentre sono attribuiti a Regioni ed enti locali le funzioni e i compiti di polizia amministrativa regionale e locale. La Corte coglie l’occasione per ridefinire e precisare i vari istituti.

Giudizio di legittimità costituzionale avverso l’articolo 163, comma 2, lettera d), del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali), promosso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sezione staccata di Latina.

L’articolo 159, comma 2, del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali) precisa che le funzioni e i compiti amministrativi relativi all’ordine pubblico ed alla sicurezza pubblica concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degl’interessi pubblici primari su cui si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni. Tale definizione nulla aggiunge alla tradizionale nozione di ordine pubblico e sicurezza pubblica tramandata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, nella quale la riserva allo Stato riguarda le funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali l’integrità fisica o psichica delle persone, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene che assume primaria importanza per l’esistenza stessa dell’ordinamento. È dunque in questo senso che dev’essere interpretata la locuzione “interessi pubblici primari” utilizzata nell’articolo 159, comma 2: non qualsiasi interesse pubblico alla cui cura siano preposte le pubbliche amministrazioni, ma soltanto quegli interessi essenziali al mantenimento di un’ordinata convivenza civile. Una siffatta precisazione è necessaria ad impedire che una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza ed ordine pubblico si converta in una preminente competenza statale che vanificherebbe ogni ripartizione di compiti fra autorità statali di polizia ed autonomie locali.

Lo stesso articolo 159, al comma 1, definisce le funzioni e i compiti di polizia amministrativa regionale e locale, cui riconduce le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie in cui vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle Regioni e degli enti locali, purché non siano coinvolti beni o interessi specificamente tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, poiché in questo caso si esulerebbe dai compiti di polizia amministrativa e si ricadrebbe in un ambito di attività riservate allo Stato.

L’art. 163, comma 2, lettera d), D. lgs. 112 del 1998, nel disporre il trasferimento ai Comuni delle funzioni e dei compiti relativi al rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari di cui all’articolo 115 del Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 (e per quelle di onoranze funebri in particolare), si è basato proprio sulla distinzione fra ordine e sicurezza pubblica, da un lato, e polizia amministrativa, come funzione accessoria ai compiti spettanti alle Regioni ed agli enti locali nelle materie di loro competenza, dall’altro.

Quando venga in considerazione l’attività dei privati a contenuto economico, la scelta di larga massima compiuta dal legislatore è stata quella di rimettere ogni valutazione agli organi che sono espressione diretta o indiretta della comunità locale, sulla non irragionevole premessa che siano in primo luogo questi, per la loro maggiore vicinanza alle popolazioni amministrate, ad averne a cuore lo sviluppo economico, in applicazione del principio di sussidiarietà la cui realizzazione costituisce uno dei principali obiettivi della Legge di delegazione. Ciò non significa che l’ambito delle competenze statali nel rapporto fra attività economica e sicurezza pubblica sia stato interamente soppresso: esso, nel confine mobile segnato dalle opzioni del legislatore in materia di controlli sullo svolgimento delle attività economiche, si è tuttavia considerevolmente ridotto, È, infatti, rimasto integro il potere generale statale di prevenzione e repressione dei reati, ma si è venuta ridimensionando la sua proiezione provvedimentale che si esprimeva in misure direttamente incidenti sull’attività economica, per dare luogo a un nuovo equilibrio di poteri fra Stato ed autonomie che vede riservata al primo l’adozione di misure ablatorie, preventive e repressive (sulla base peraltro di procedimenti interamente “giurisdizionalizzati” in ossequio a un’accezione più rigorosa dello Stato di diritto), nei soli casi in cui l’attività economica sia così strettamente compenetrata con la criminalità organizzata da esserne essa medesima espressione (si consideri, ad esempio, la L. 575 del 1965 recante disposizioni contro la mafia).

Per questi motivi la Corte, accertata l’intervenuta soppressione di ogni residuo potere provvedimentale del prefetto in tema di agenzie di affari, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 163, comma 2, lettera d), D. lgs. 112 del 1998, rigettando la tesi del TAR Lazio sulla presunta violazione dei parametri costituzionali sulla delegazione legislativa in riferimento all’articolo 1, comma 3, lettera l), della Legge 15 marzo 1997, n. 59 che riserva allo Stato funzioni e compiti riconducibili all’ordine pubblico ed alla sicurezza pubblica.

Giurisprudenza richiamata:

* sull’illegittimità costituzionale dell’articolo 19 del D. P. R. 616 del 1977, nella parte in cui non limitava i poteri del prefetto, ivi previsti, esclusivamente all’esigenze di pubblica sicurezza: Corte costituzionale, sentenza n. 77 del 1987

* sulla distinzione tra funzione di pubblica sicurezza e funzione di polizia amministrativa: Corte costituzionale, sentenza n. 218 del 1988

a cura di Giuseppe Conte