Corte costituzionale 25 luglio 2001, n. 292
La Corte costituzionale ha dichiarato che spetta alla Corte dei conti – Sezione giurisdizionale regionale per il Trentino – Alto Adige prescrivere agli agenti contabili del Consiglio della Regione e del Consiglio della Provincia autonoma di Trento il termine per la presentazione dei conti relativi alla propria gestione, al fine dell’instaurazione dei relativi giudizi di conto. Le assemblee elettive delle Regioni non sono infatti equiparabili alle assemblee parlamentari.
Giudizi per conflitti di attribuzione promossi con ricorsi della Regione Trentino – Alto Adige e della Provincia autonoma di Trento, sorti a seguito dei decreti della Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per il Trentino – Alto Adige n. 127/2000 e n. 130/2000 emessi il 9 agosto 2000, con cui è stato prescritto all’agente contabile del Consiglio della Regione Trentino – Alto Adige ed all’agente contabile del Consiglio della Provincia autonoma di Trento il deposito dei conti giudiziali relativi alle gestioni degli anni 1996, 1997 e 1998.
La Corte costituzionale ha dichiarato che spetta alla Corte dei conti – Sezione giurisdizionale regionale per il Trentino – Alto Adige, prescrivere all’agente contabile del Consiglio della Regione ed all’agente contabile del Consiglio della Provincia autonoma di Trento il termine per la presentazione dei conti relativi alla propria gestione, al fine dell’instaurazione dei relativi giudizi di conto.
In primo luogo, la Corte ha confermato l’estensione del giudizio di conto e della relativa disciplina alle gestioni della Regione e delle Provincie autonome. In assenza di una specifica legislazione, si poteva dubitare di una siffatta estensione fondata esclusivamente sull’articolo 103 della Costituzione (ancorché tali dubbi erano già stati risolti da una risalente giurisprudenza della Corte); oggi, però, il problema è superato dall’esistenza di specifiche norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino – Alto Adige, che esplicitamente fanno menzione dell’esercizio, da parte delle sezioni della Corte dei conti istituite nella Regione, non solo del controllo sulla gestione del bilancio e del patrimonio della Regione e delle Provincie (art. 2, c. 1, D. P. R. 305 del 1998, come sostituito dall’art. 2 D. lgs. 212 del 1999), ma anche dell’attività giurisdizionale in applicazione delle leggi sull’ordinamento e sulle procedure della Corte dei conti medesima (art. 10bis D. P. R. 305 del 1988, aggiunto dall’art. 5 D. lgs. 212 del 1999).
Una volta affermata la piena estensione della giurisdizione contabile nei confronti degli apparati regionali e provinciali, un’esenzione da questa in favore di specifici organi della Regione e delle Provincie, vale a dire dei Consigli, costituirebbe un’eccezione, la quale dovrebbe trovare fondamento in norme costituzionali o di attuazione statutaria che invece non sussistono.
Non è possibile, infatti, considerare estesa ai Consigli regionali la deroga, rispetto alla generale sottoposizione alla giurisdizione contabile, che si è ritenuto operare, per ragioni storiche e di salvaguardia della piena autonomia costituzionale degli organi supremi, nei confronti delle Camere parlamentari, della Presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale. Le assemblee elettive delle Regioni non sono infatti parificabili alle assemblee parlamentari; i Consigli regionali godono sì, in base alla Costituzione, di talune prerogative analoghe a quelle tradizionalmente riconosciute al Parlamento, ma, al di fuori di queste espresse previsioni, non possono essere assimilati ad esso, quanto meno ai fini dell’estensione di una disciplina che si presenta essa stessa come eccezionale e derogatoria.
La Regione ricorrente aveva altresì invocato la prerogativa dell’insindacabilità dei voti e delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio regionale e di quelli delle Provincie autonome nell’esercizio delle loro funzioni. Ma la Corte ha osservato come il giudizio di conto si configura essenzialmente come una procedura giudiziale, a carattere necessario, volta a verificare se chi ha avuto maneggio di denaro pubblico è in grado di rendere conto del modo legale in cui lo ha speso e dunque non risulta gravato da obbligazioni di restituzione (in ciò consiste la pronuncia di discarico). In quanto tale, il giudizio di conto ha come destinatari non già gli ordinatori della spesa, bensì gli agenti contabili che riscuotono l’entrate ed eseguono le spese. Dal punto di vista oggettivo, poi, l’obbligo di resa del conto e le eventuali responsabilità per mancata o irregolare resa del conto non concernono attività deliberative, ma semplici operazioni finanziarie e contabili che non si sostanziano nell’espressione di voti e di opinioni e quindi, anche se facenti capo a componenti del Consiglio, non ricadrebbero nell’ambito della prerogativa di insindacabilità.
Ciò non toglie che nei giudizi di conto possano innestarsi, ovvero dalle risultanze di essi prendere spunto, eventuali giudizi di responsabilità amministrativa. Nel momento in cui dovessero attivarsi tali responsabilità in sede giudiziale, si porrebbe allora il problema di distinguere fra atti che, per essere frutto di voti ed opinioni espresse dai componenti del Consiglio nell’esercizio delle loro funzioni, risultano coperti dall’insindacabilità ed atti (od omissioni) invece estranei a tale prerogativa e quindi suscettibili di dare luogo a chiamata in responsabilità.
Giurisprudenza richiamata:
* sull’impossibilità per la Corte dei conti di ingerirsi nell’autorganizzazione del Consiglio regionale: Corte costituzionale, sentenza n. 392 del 1999
* sulla sottoposizione degli agenti contabili del Consiglio della Regione Sardegna al giudizio di conto: Corte costituzionale, sentenza n. 110 del 1970
* sull’autonomia contabile, funzionale ed organizzativa del Consiglio regionale del Trentino – Alto Adige e dei Consigli provinciali come principio irrinunciabile dell’ordinamento, la cui ratio risiede nella necessità di preservare l’organo da indebite pressioni esterne e di creare le condizioni per un suo agile funzionamento, e sull’assenza di controlli sulle somme impegnate in bilancio per le spese di funzionamento salvo quelli del medesimo Consiglio: Corte costituzionale, sentenza n. 143 del 1968
* sull’esclusione degli atti amministrativi e di gestione dei fondi inerenti le spese del Consiglio regionale dai controlli ex articolo 125 della Costituzione: Corte costituzionale, sentenza n. 289 del 1997
* sulla sottoposizione delle controversie relative ai rapporti di lavoro coi dipendenti dei Consigli regionali alle normali giurisdizioni statali: Corte costituzionale, sentenza n. 66 del 1964
* Cassazione sezioni unite sentenza n. 461 del 1999
* sul fondamento del giudizio di conto nei confronti degli organi regionali, pur in assenza di una specifica legislazione, esclusivamente sull’articolo 103 della Costituzione: Corte costituzionale, sentenza n. 129 del 1981; Corte costituzionale, sentenza n. 102 del 1977; Corte costituzionale, sentenza n. 211 del 1972; Corte costituzionale, sentenza n. 110 del 1970
* sulla deroga, rispetto alla generale sottoposizione alla giurisdizione contabile, che si è ritenuto operare nei confronti delle Camere parlamentari, della Presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale: Corte costituzionale, sentenza n. 129 del 1981; Corte costituzionale, sentenza n. 81 del 1975; Corte costituzionale, sentenza n. 110 del 1970
* sull’estensione della prerogativa dell’insindacabilità dei voti e delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio regionale e di quelli delle Province autonome nell’esercizio delle loro funzioni anche alle opinioni ed ai voti espressi nell’esercizio della funzione di autorganizzazione del Consiglio: Corte costituzionale, sentenza n. 392 del 1999; Corte costituzionale, sentenza n. 289 del 1997; Corte costituzionale, sentenza n. 69 del 1985
* sui limiti oggettivi in cui l’insindacabilità assiste le attività dei Consigli regionali: Corte costituzionale, sentenza n. 392 del 1999; Corte costituzionale, sentenza n. 289 del 1997; Corte costituzionale, sentenza n. 69 del 1985